Focus – ll mercato potenziale della supply chain finance vale 450-490 mld euro, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano
Nel 2020 le soluzioni di SCF hanno aiutato le imprese a diminuire l'impatto negativo della pandemia e a migliorare la gestione dei processi interni e le relazioni di filiera.
Le dimensioni del mercato potenziale per la supply chain finance (SCF) si sono ridotte a 450-490 miliardi di euro nel 2020 rispetto ai 505 miliardi del 2019, quando invece erano aumentate del 2,4% dai 483 miliardi del 2018 (si veda qui altro articolo in Approfondimenti e Analisi). Lo stima l’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che a metà marzo ha presentato il suo periodico studio sul settore.
La diminuzione è ovviamente da ascriversi all’impatto della pandemia da Covid-19, ma va sottolineato che il calo del mercato potenziale della SCF del 2020 è stato meno che proporzionale a quello del fatturato delle aziende (sceso del 10-12% secondo i calcoli dell’Istat), a causa dell’allungamento dei cicli di cassa dovuto al coronavirus. Ricordiamo che il dato stimato dall’Osservatorio rappresenta il totale del montecrediti, comprensivo di crediti di natura commerciale delle imprese italiane, che alla fine di ciascun anno registravano ricavi maggiori di 500 mila euro. Il valore esatto del mercato potenziale della SCFdipenderà quindi dalle effettive performance di incasso e pagamento delle imprese nel 2020.
I dati preliminari indicano anche che il mercato già servito da soluzioni di Supply Chain Finance (SCF) nel 2020 si assesterà intorno ai 120 miliardi di euro, pari al 24%-27% del potenziale, con un’evidente crescita delle soluzioni innovative e un brusco calo di quelle tradizionali. Nonostante il calo del mercato potenziale nel 2020, restano quindi 330-370 miliardi di euro di mercato non serviti dalla SCF.
Nello specifico, si evidenzia un crollo dell’anticipo fatture, che nel 2020 ha perso il primato di soluzione di supply chain finance più utilizzata, scendendo a quota 44 miliardi di euro con calo del 33% rispetto al 2019. Fatica anche il factoring diretto (55 miliardi, -8% sul 2019), che ha risentito del calo dei volumi transati nei mesi di picco della pandemia e la preferenza verso soluzioni più orientate alla filiera. Crescono le soluzioni innovative come il reverse factoring (7,5 miliardi di euro, +13%) e il confirming (800 milioni di euro, +7%), ma anche invoice financing (300 milioni di euro +20%) e dynamic discouting (100 milioni, +500%). Secondo le stime, le soluzioni innovative coprono oggi tra il 4 e il 5% del mercato potenziale della SCF del 2020, in espansione costante negli ultimi anni (rappresentavano meno dell’1% nel 2015).
Nel 2020 in particolare le soluzioni di SCF hanno aiutato le imprese esportatrici a diminuire l’impatto negativo della pandemia: per il 25% hanno contribuito a stabilizzare o aumentare il fatturato estero, per il 22% hanno aiutato a riavviare le attività localmente e all’estero. Inoltre, la supply chain finance ha permesso di migliorare la gestione dei processi interni e le relazioni di filiera.
Ma indipendentemente dai momenti di crisi, i tempi di incasso e pagamento rappresentano una variabile importante nella gestione della tesoreria delle aziende. Così da tempo molte grandi aziende hanno risolto il problema dotandosi loro stesse di proprie società di factoring che acquistano i crediti dei fornitori del gruppo (il cosiddetto reverse factoring o factoring indiretto), in modo da mantenere in salute la filiera e contemporaneamente ottimizzare i flussi di cassa. Altre grandi aziende hanno preferito rivolgersi a un factor esterno perché faccia questo lavoro per conto loro. E ora il sistema viene sempre più spesso adottato anche dalle medie aziende. Il vantaggio per i fornitori, oltre quello di entrare subito in possesso della liquidità, è che questi possono cedere al factor loro crediti verso l’azienda cliente, che ha stipulato l’accordo quadro di reverse factoring con il factor in questione a tassi di mercato a breve, che però sono quelli che il factor applicherebbe all’azienda capofiliera, che sono più bassi di quello che i fornitori spunterebbero da soli.
Tuttavia, le imprese italiane conoscono poco le soluzioni di SCF: il 54% delle imprese esportatrici italiane non le conosce, il 22% le usa soltanto nel mercato nazionale e solo il 24% le impiega nelle operazioni di export. Le soluzioni di SCF più utilizzate sono quelle tradizionali, come la lettera di credito (50%), l’assicurazione del credito (48%), l’anticipo all’esportazione (44%). Solo il 14% usa spesso il forfaiting (cessione da un esportare a un istituto finanziario di titoli di credito commerciali ricevuti da un importatore come pagamento di beni strumenti o servizi), l’8% l’export factoring (il factoring con l’aggiunta della gestione e copertura del rischio sui crediti da esportazione) e il 4% l’invoice trading.